I topi conquistano l’isola di Montecristo

Al via la derattizzazione con un ponte aereo. Sono arrivati da fuori trasportati da navi e imbarcazioni. Probabilmente neppure la fantasia di Alexandre Dumas avrebbe potuto immaginare un attacco così dirompente alla sua amatissima isola del tesoro. E mai avrebbe immaginato che un esercito di ratti neri, uno per ogni metro quadrato (Montecristo ha un’estensione di appena 10 chilometri quadrati) avrebbe minacciato l’ecosistema dello «scoglio» più proibito dell’Arcipelago toscano, oasi protetta e biogenetica, dove è addirittura impossibile fare il bagno. Ed invece per arginare l’invasione dei topi, oltretutto di una specie non endogena, Parco nazionale, Regione Toscana, ministero delle Risorse agricole e Unione europea, a fine mese faranno partire un progetto per sradicare le specie dannose. Ci si prepara a una vera guerra contro i «roditori invasori» con l’impiego di ventisei tonnellate di esche avvelenate da lanciare da un aeroplano. Un’impresa epica, diluita nel tempo, con lo scopo di salvare la biodiversità dell’isola e preservarla da invasioni esterne.

I RATTI – I ratti neri, infatti, pare siano arrivati da fuori, trasportati da navi e imbarcazioni e nel tempo si sono prolificati in modo spaventoso. Ma il metodo scelto, quello dell’avvelenamento aereo, sta provocando polemiche. Tra i contrari non ci sono solo animalisti e comitati, ma anche un ex campione del mondo di pesca sub, l’elbano Carlo Gasparri. Che contro il progetto ha preso carta e penna e ha scritto alla procura denunciando quello che lui ritiene un insulto all’ambiente e ipotizzando l’impiego di un veleno per topi a base del principio attivo brodifacoum. «Il prodotto che dovrà essere usato è altamente tossico per gli organismi acquatici e può provocare a lungo termine effetti negativi per l’ambiente, inoltre si tratta di un prodotto persistente nel tempo», scrive Gasparri. E propone che eventualmente sia utilizzato un veleno a bassa persistenza ambientale per evitare la contaminazione della catena alimentare. Per non parlare poi del pericolo per i visitatori. Ogni anno sull’isola sbarcano, per viste giornaliere rigidamente contingentate, mille persone. Altri duemila visitano invece solo il museo naturale di Cala Maestra, il principale approdo.

L’ISOLA – Sull’isola, dove vive un custode con la famiglia, ci sono una villa settecentesca, le rovine di un antico monastero e la grotta di San Mamiliano, vescovo di Palermo. Nel quarto secolo, il santo, qui si rifugiò per sfuggire alle persecuzioni dei Vandali e dall’isola fu per sempre stregato. Insomma, per Gasparri e il suo comitato, l’isola è uno scrigno da preservare assolutamente. Il problema è che la stessa cosa la pensano anche chi, come i dirigenti del Parco, difendono il progetto. Come la direttrice Franca Zanichelli. «Nessuno vuole avvelenare l’isola – spiega – il progetto, preparato da esperti prevede l’impiego di 26 tonnellate di pellet alimentare, analogo a quello usato ovunque per contenere i ratti, costituito da cereali a mangime appetibile al cui interno vi è una percentuale millesimale di principio attivo velenoso. Le esche, che non possono essere collocate da terra per l’inaccessibilità del territorio, saranno distribuite via aerea con uno speciale imbuto prestato da un’altra area protetta che ha già eseguito un intervento analogo in Sardegna. Derattizzazioni simili sono state effettuate con successo nella più piccola Giannutri. Anche allora applicando con successo il progetto europeo». Secondo la direttrice Zanichelli «nel mondo associazioni importanti, come la Royal Society of the Protection of Bird, (la più importante associazione mondiale per la tutela degli uccelli) stanno compiendo operazioni simili in ambienti selvaggi per limitare il disastroso incremento dei ratti, ritenuto ovunque una specie gravemente nociva».

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